La Montecatini di Galileo Chini, un gioiello del primo Novecento
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Descrizione
Se la Montecatini Terme di oggi si deve alla maestria di architetti quali, in particolare, Giulio Bernardini, Ugo Giovannozzi e Raffaello Brizzi, sicuramente fu Galileo Chini a segnare splendidamente con il suo lavoro di decoratore la città tanto da renderla un gioiello del primo Novecento.
Il legame dell’Artista con la città termale è profondo e testimoniato da opere di una maestria e bellezza uniche.
E’ il 1903 quando Galileo Chini arriva per la prima volta a Montecatini.
Vi viene per decorare il Padiglione per la vendita dei Sali Tamerici.
Ha 30 anni e al suo attivo una esperienza notevole e una carriera costellata di riconoscimenti importanti anche a livello internazionale.
Rimasto orfano di padre a solo 11 anni, Chini è costretto a lavorare e lo zio Dario, titolare di una stimata bottega di restauri, lo prende con sé.
Questa precoce esperienza, consolidata successivamente con l’apprendistato e il lavoro nelle botteghe dei pittori di affreschi e decorazioni Amedeo Buontempo e Augusto Burchi, gli permette di impossessarsi di tutta la tecnica necessaria per le grandi decorazioni.
Tra il 1896 e il 1897, Galileo Chini dà vita alla Manifattura Arte della Ceramica che già nel 1898, all’Esposizione Nazionale d’Arte di Torino ottiene il più lusinghiero dei successi, la medaglia d’oro. Ma è a Parigi nel 1900, durante l’Esposizione Universale che la Manifattura si confronta con le principali Case Europee riuscendo ad ottenere il massimo riconoscimento, il Gran Prix, grazie alle sperimentazioni a lustri metallici e all’avvio di un proficuo rapporto con l’architettura in netto anticipo sui tempi. Nel 1902 alla Prima Esposizione d’Arte Decorativa di Torino l’Arte della Ceramica trionfa presentando anche splendidi pannelli in gres.
Proprio questi ultimi, eseguiti e firmati da Domenico Trentacoste, furono riutilizzati nel Padiglione dei Sali dove Galileo si occupa personalmente della decorazione della facciata e dell’interno di una delle tre botteghe ospitate dall’edificio, in una delle quali si poteva acquistare la ceramica prodotta dall’impresa fiorentina.
A Montecatini Chini torna l’anno successivo.
E’ il 1904.
Vi viene, chiamato dall’architetto Giulio Bernardini, per dipingere la volta del Salone delle feste del Grand Hotel & La Pace, edificio in cui successivamente inserirà anche una bellissima vetrata di ingresso e allo stesso periodo risalgono le decorazioni interne del demolito caffè teatro Palace Theatre di via Manin.
Gli anni che anticipano la terza venuta di Chini nella città termale, che ebbe luogo tra il 1908 e il 1910, sono densi di impegni, soddisfazioni e cambiamenti per l’Artista.
La sua cultura, che fin dagli esordi fiorentini nell’ultimo decennio del Diciannovesimo secolo teneva capillarmente e ansiosamente aggiornata attraverso lo studio delle riviste d’arte internazionali, si era in continuazione arricchita con le dirette esperienze nei vari contesti culturali europei, che aveva saputo introiettare con una sicurezza di gusto che lo inseriva nitidamente nel clima delle più sofisticate tendenze moderniste e simboliste: senza tuttavia far trasparire un facile atteggiamento di citazioni pedisseque, anzi mantenendo una personalità non solo inconfondibile ma anche singolarmente indipendente.
Il concetto, derivato dalle teorie inglesi degli arts and crafts, che non esistessero distinzioni espressive nelle varie pratiche artistiche, aveva avuto nell’ambiente piuttosto tradizionalista italiano pochi precedenti ……. Chini promuove invece, con la sua attività nell’arte della ceramica, un concetto dell’opera artistica di produzione industriale, di ampia diffusione, con una fortissima incidenza nei costumi e nel gusto quotidiano: le sue ceramiche sono prodotte in grande quantità e introducono nelle case borghesi un gusto art nouveau tra i più alti in Europa, pressoché inedito per l’Italia fino a quel momento, così come le sue decorazioni parietali escono dalle chiuse ambientazioni di case di intellettuali adepti a un gusto sofisticato ed esclusivo, per diffondersi in ambienti pubblici (sedi di banche, alberghi, teatri, esposizioni temporanee), ……. Queste teorie verranno esposte molti anni dopo in un Manifesto che Chini scrisse nel 1917 (“Rinnovando rinnoviamoci”), proprio a ridosso degli affreschi del Comune di Montecatini, nel quale si proponeva l’abolizione delle Accademie di Belle Arti che con la loro struttura sancivano la distinzione tra arti maggiori (pittura, scultura e architettura) e minori, e l’istituzione di “Scuole artistiche industriali atte a rinnovare tutte le forme delle arti applicate”.
Grazie alla partecipazione assidua alle grandi esposizioni internazionali, che rappresentavano e sintetizzavano le pulsazioni del gusto dominante dell’epoca, Galileo Chini aveva raccolto una messe straordinaria di consensi, medaglie d’oro, grands prix, diplomi d’onore: sia con le magnifiche ceramiche, che con gli allestimenti e le decorazioni murali e con la pittura da cavalletto.
Nel 1906 con il cugino Chino Chini, fonda la Manifattura Fornaci San Lorenzo a Borgo San Lorenzo dopo che nel 1904 aveva lasciato l’Arte della Ceramica per divergenze con il nuovo socio, il conte Giustiniani, entrato nell’azienda per mere questioni economiche.
Nel 1907 alla VII° Biennale di Venezia, allestisce la sala “L’Arte del sogno” attirando l’attenzione del Re del Siam che lo chiamerà a Bangkok per decorare il Palazzo del trono.
Nel 1908 organizza e partecipa alla I° Biennale d’Arte di Faenza, dalla quale prenderà vita l’attuale Museo Internazionale della Ceramica e riceve l’incarico di insegnamento al Corso Libero Superiore di Decorazione della Regia Accademia di Belle Arti di Roma.
A Montecatini Chini torna per eseguire tutto l’apparato decorativo delle Terme Tamerici, ampliato dagli architetti Giulio Bernardini e Ugo Giusti. Per il rinnovato stabilimento realizzerà i progetti delle vetrate, degli affreschi, dei pavimenti, delle ceramiche e dei pannelli in gres in cui la profusione degli amati elementi esotici anticipa la straordinaria esperienza che lo attende in Siam l’anno successivo.
Quando nel 1910 venne incaricato di decorare il Prah-ti-Nam, il fastoso salone del trono di Bangkok, progettato dagli architetti torinesi Annibale Rigotti e Mario Tamagno per conto del re Rama IV, Galileo Chini era all’apice di una brillante carriera.
Chini era giunto nel breve torno di tre lustri, attraverso un’alacre e multiforme attività, a rappresentare emblematicamente un gusto e una società, quella della Belle Époque, con una straordinaria complessità di valenze e di umori, tale da farne un caso straordinario non solo in Italia, ma anche in Europa.
Anche il 1914 è un anno importante nel rapporto tra Chini e Montecatini. Non perché la città termale lo vide ancora presente ma perché ne conserva ancora un’opera – o meglio parte di essa – realizzata proprio in quell’anno dall’Artista. E la cui storia vale la pena di essere raccontata.
Dopo il ritorno dal Siam, alla XI° edizione della Biennale di Venezia, del 1914 appunto, gli viene affidata un’intera sala dove Chini esporrà i dipinti che ha riportato dal suo soggiorno a Bangkok.
L’ ospite del salone principale è il famoso scultore dalmata Ivan Meštrović che presenta alla Biennale un nutrito numero di opere in marmo di Carrara.
Probabilmente indotto dal candore delle sculture e delle pareti della Sala, il Segretario Generale, Fradeletto, chiede all’ormai amico Galileo di decorare le grandi specchiature.
Chini in poco più di un mese, lavorando la metà del tempo nel suo studio
di via del Ghirlandaio a Firenze e il resto a Venezia, realizza diciotto grandi pannelli decorativi sul tema simbolista della Primavera che perennemente si rinnova.
Quando la Biennale apre i battenti, non ci sono occhi che per i dipinti dell’Artista fiorentino che inaspettatamente diventano i protagonisti dell’intera manifestazione.
Dopo la riproduzione a colori con delle accurate stampe, la casa editrice Bestetti e Tumminelli di Milano ne divulgherà la conoscenza e la fama a livello nazionale.
I dipinti, che probabilmente erano destinati ad una sorte effimera in quanto fatti soltanto a scopo decorativo e provvisorio, alla fine della Biennale furono riportati a Firenze e dopo un consolidamento delle tele resteranno su le pareti dello studio in Via del Ghirlandaio dove una foto li ritrae.
Negli anni a venire alcuni saranno acquistati dal regista Luchino Visconti e altri dalla Galleria d’Arte Moderna di Roma.
Ma due dei 18 pannelli, che vanno a costituire “La primavera classica”, con ogni
probabilità la più famosa tra Le Primavere, sono stati donati dalla famiglia Chini all’Accademia d’Arte di Montecatini a suggello dello stretto legame che ha sempre unito la Città all’Artista.
probabilità la più famosa tra Le Primavere, sono stati donati dalla famiglia Chini all’Accademia d’Arte di Montecatini a suggello dello stretto legame che ha sempre unito la Città all’Artista.
L’ultimo importante intervento di Galileo Chini a Montecatini, avviene tra il 1918 e il 1920, quando, collaborando con l’architetto Raffaello Brizzi e l’Ingegnere Luigi Righetti, disegna tutte le vetrate e i velari del nuovo Palazzo Comunale decorandone il soffitto sopra lo scalone centrale. E’ da poco finita la guerra e in queste splendide pitture murali, Galileo riesce a trasmettere tutto il suo bagaglio di nuove aspettative morali basate sulla pace, il lavoro, la sapienza.
L’imponenza architettonica dell’edificio di stile neorinascimentale e il complesso decorativo di Chini rende il Municipio di Montecatini uno dei più bei Municipi d’Italia proprio come desiderava il Consiglio Comunale che nel 1911 ne deliberò la costruzione “A TESTIMONIANZA DI NUOVI DESTINI”, come si legge sulle trabeazioni esterne, certo del "brillante avvenire" della cittadina.
Nel 2023, in occasione delle celebrazioni del 150° della nascita dell’Artista fiorentino, il Mo.C.A. ha ospitato la mostra “Galileo Chini – Opere nelle collezioni pubbliche e private di Montecatini Terme” nella quale sono stati esposti insieme alla “Primavera Classica” oltre quaranta lavori del Maestro provenienti esclusivamente dal territorio comunale ad ulteriore e significativa testimonianza dell’affezione sincera della città nei confronti di Galileo Chini sia artista che uomo.
Nota. Le parti in corsivo e grassetto sono riprese dal testo di Fabio Benzi in “Galileo Chini a Montecatini” edito Maschietto 2023
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