Galileo Chini
Artisti
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Descrizione
A Galileo Chini, personalità unica nel panorama dell’arte italiana fra il XIX e il XX secolo, Montecatini deve molto del suo fascino.
L’artista rese la città termale un gioiello del primo Novecento e la sua opera è ancora tangibile in molti edifici quali le Terme Tamerici, il Palazzo Comunale, il Grand Hotel La Pace e il Padiglione dei Sali.
Il 150° anniversario della nascita dell’artista è stato celebrato dall’Amministrazione Comunale con numerose iniziative.
Tra esse, al Mo.C.A., la mostra “Galileo Chini – Opere nelle collezioni pubbliche e private di Montecatini Terme” in cui sono stati esposti oltre cinquanta lavori di Chini tutti di proprietà di istituzioni e collezionisti privati montecatinesi a dimostrazione dell’apprezzamento e del riconoscimento nutriti dalla città nei confronti dell’artista.
E per rendere doveroso omaggio a questa figura che, cimentandosi in ogni aspetto dell’arte, fu valente pittore, grandissimo decoratore, ceramista sublime, illustratore, scenografo, ma anche urbanista, docente e uomo di grande impegno civile, figura ben raccontata nel catalogo della mostra, si è fatta la scelta di riportarne una biografia esaustiva.
BIOGRAFIA
1873-1895
Galileo Andrea Maria Chini nasce il 2 dicembre 1873 a Firenze da Elio, sarto e suonatore di filocorno, e Aristea Bastiani. Nel 1885, a soli dodici anni, dopo la morte dei genitori lo accudisce lo zio paterno Dario, affermato decoratore e restauratore di affreschi, che lo iscrive ai corsi di decorazione della Scuola d’Arte di Santa Croce a Firenze dove apprende, insieme ai tre fratelli Coppedè e Ugo Giusti, un repertorio di putti, candelabre e viluppi vegetali. Galileo affianca lo zio nei lavori di decorazione del castello Torlonia a Serra Brunamonti in Umbria, dove esegue pitture a carattere neo-medievale e disegni col carbone. Nel 1889 inizia a lavorare nella bottega di Amedeo Buontempo, pittore di origine friulana e partecipa con lo zio ai lavori di restauro in Santa Trinita a Firenze e, sotto la direzione dell’architetto Corinto Corinti, alla documentazione e ai rilievi di Mercato Vecchio, come testimoniano numerosi disegni acquarellati e a tempera di parti architettoniche, di reperti ceramici e soprattutto di affreschi tre-quattrocenteschi. Al 1894 si situa la prima decorazione davvero impegnativa: Augusto Burchi, pittore, affreschista e restauratore influenzato dal gusto francese, gli affida la decorazione del soffitto del salone di rappresentanza di Palazzo Budini-Gattai a Firenze, dove realizza un finto arazzo e un fregio in collaborazione con Giulio Bargellini. Nel 1895 a Volterra esegue lavori di ripristino nella cappella dei Conti Guidi in San Francesco e affresca gli stemmi delle famiglie del posto nella Sala del Maggior Consiglio del Palazzo dei Priori. In questa circostanza conosce Elvira Pescetti, che diventerà poi sua moglie. Si iscrive alla Scuola Libera del Nudo all’Accademia di Belle Arti di Firenze, frequentandola fino al 1897.
1896-1903
Galileo, spinto dall’amarezza per la cessione della società ceramica Ginori di Doccia all’industriale Augusto Richard di Milano, fonda con Giovanni Vannuzzi, Vittorio Giunti e Giovanni Montelatici, la Manifattura Arte della Ceramica, vicina agli ideali del movimento inglese delle “Arts and Crafts” per la rinascita dell’artigianato artistico. Il marchio scelto dimostra fin da subito l’impostazione della Manifattura: la melagrana, simbolo di fecondità dannunziano e preraffaellita, insieme alle mani intrecciate, a motivo di fratellanza. Le influenze preraffaellite caratterizzano le prime realizzazioni ceramiche e le otto illustrazioni sulla rivista “Fiammetta”. Nel 1897 partecipa alla selezione per l’Esposizione Internazionale Festa dell’Arte e dei Fiori a Firenze; non ammesso, espone nella Mostra dei rifiutati. L’Arte della Ceramica, cui si sono aggiunti nel frattempo Chino, Augusto e Guido Chini e il figlio dello scultore Emilio Zocchi, vince nel 1898 la medaglia d’oro dell’Esposizione di Arti Decorative di Torino e poi di Londra. Galileo prende in sposa Elvira; l’anno seguente nascerà la prima figlia, Isotta e nel 1901 il secondo figlio, Eros. Nel 1900 l’Arte della Ceramica trionfa all’Esposizione Internazionale di Parigi ottenendo il Grand Prix, grazie alle sperimentazioni a lustri metallici e all’avvio di un proficuo rapporto con l’architettura, in netto anticipo sui tempi. Lo stile modernista della produzione, con moduli stilizzati e calligrafici gli permette di ottenere i premi maggiori anche alle Esposizioni Internazionali di Bruxelles, Gand e Pietroburgo, svoltesi nel 1901. Si riferisce inoltre ai primi anni del Novecento la decorazione in Palazzo Davanzati a Firenze. Galileo partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia con Quiete, che instrada la sua pittura verso il divisionismo. Nel 1902 l’Arte della Ceramica trionfa all’Esposizione Internazionale di Arte Decorativa di Torino, presentando splendidi esemplari in grès e un intero rivestimento di sala da pranzo, una sala di esposizione e una stanza da bagno a maioliche policrome a lustro. Le richieste di piastrelle per rivestimento architettonico, già rese celebri dall’Esposizione parigina del 1900, sono così numerose che la fabbrica, per poterle accontentare, nel 1901 deve allargare i suoi forni e spostare lo stabilimento, dal piccolo locale di Firenze, al grande magazzino di Fontebuoni. Nel 1903 Galileo cura l’allestimento e la decorazione della Sala Toscana alla Biennale di Venezia: posiziona un fregio in maiolica a lustri sulla parte superiore delle pareti ed espone La Sfinge e Un Tramonto.
1904-1905
Nel 1904 promuove, con Ludovico Tommasi, la Secessione della Promotrice Fiorentina a Palazzo Corsini, dove espone cinque opere di forte impatto simbolista che gli varranno l’incarico della decorazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, dove attua un’innovazione pittorica abbandonando i toni neutri della tradizione e tralasciando la classica ripartizione a riquadri, per agire in sintonia col nuovo stile floreale e secessionista. Dipinge la volta del salone delle feste del Grand Hotel La Pace a Montecatini, uno dei primi capolavori chiniani, il distrutto caffè teatro Palace Theatre e la facciata del padiglione antistante l’ex Cinema Verdi, in cui Domenico Trentacoste raffigura in grès lo stesso Galileo in ascolto delle Muse. I pannelli in grès furono eseguiti per il padiglione de L’Arte della Ceramica all’Esposizione di Torino del 1902. Nel 1904 con l’Esposizione di Sant Louis L’Arte della Ceramica vince il Grand Prix e a Galileo va la medaglia d’argento come direttore artistico, ruolo che sarà costretto ad abbandonare lo stesso anno, per divergenze con i soci, che ne reclamano l’assidua presenza in fabbrica, a discapito di ogni ulteriore attività pittorica e decorativa. Nel 1905 Galileo è invece impegnato con Ludovico Tommasi, Adolfo De Carolis, Salvino Tofanari e Giacomo Lolli nell’allestimento della Prima Esposizione dell’Arte Toscana e poi alla Biennale di Venezia, dove espone Il Trionfo (allegoria) e La Campagna, occupandosi anche della decorazione della Sala Toscana. Affresca il Palazzo della Cassa di Risparmio di Arezzo, antico edificio degli Albergotti e dei Bacci.
1906-1908
Nel 1906 fonda col cugino Chino Chini la Manifattura Fornaci San Lorenzo a Borgo San Lorenzo; il simbolo prescelto è la graticola, emblema del martirio del santo omonimo, sormontata dal giglio di Firenze e dalla scritta Mugello. La nuova manifattura, dedita anche alla produzione vetraria, amplia la produzione in grès, arrivando a decorare interi edifici. Galileo decora la Sala della Giovane Etruria all’Esposizione Internazionale di Milano; la sala è distrutta da un incendio e ricostruita in poche settimane ripetendo esattamente lo stile del padiglione bruciato. Realizza con Leto Chini le prime decorazioni di una lunga serie realizzate per le cappelle del Cimitero dell’Antella. Nel 1907 allestisce, con Plinio Nomellini e lo scultore Edoardo De Albertis, la Sala L’arte del Sogno alla Biennale di Venezia, in cui espone Icaro, Il Giogo e Il Battista (affresco). La sala, che si compone di un pavimento in grès con motivi fitomorfi e pavoni, una fascia decorativa nella parte alta delle pareti con cortei di putti e ghirlande e sovrapporte e fregi di De Albertis, lo colloca tra i più convinti esponenti del simbolismo europeo e gli varrà la chiamata del Re del Siam a Bangkok, per decorare il Palazzo del Trono. Inizia a disegnare le scene per Il sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, per il Teatro Argentina di Roma. È del 31 dicembre la lettera di Plinio Nomellini relativa all’acquisto della pineta dove sarà edificata la “Casa delle vacanze”, realizzata nel 1914 su progetto suo e dell’architetto Ugo Giusti a Fossa dell’Abate, attuale Lido di Camaiore e sede dell’Archivio Chini. Nel 1908 organizza e partecipa alla I Biennale d’Arte di Faenza, dalla quale prenderà vita l’attuale Museo Internazionale delle Ceramiche. A dicembre riceve l’incarico di insegnamento al Corso Libero Superiore di Decorazione della Regia Accademia di Belle Arti di Roma, dove presterà servizio fino al 1911. Va in scena La maschera di Bruto di Sem Benelli, al Teatro Lirico di Milano, per il quale Galileo disegna ambienti quattrocenteschi, affiancato dal costumista Caramba.
1909-1911
Tra gennaio e febbraio 1909 decora su invito di Antonio Fradeletto con le Allegorie dell’Arte e della Civiltà, la cupola del Salone centrale del Palazzo dei Giardini alla Biennale di Venezia: il successo di critica lo consacra nell’alta intellettualità artistica del tempo. Realizza le scene, i costumi e il manifesto per La cena delle beffe di Sem Benelli, presentato al Teatro Argentina di Roma. Fa progettare a Giusti la sua casa in via del Ghirlandaio 52 a Firenze, che decorerà in facciata nel 1914, ampliandola con la costruzione dello studio. Partecipa inoltre al Salon d’Automne di Parigi esponendo Autoritratto e Il condottiero, insieme alle ceramiche delle Fornaci. Nel 1910 riceve il Grand Prix per la decorazione del Padiglione Italiano all’Esposizione Internazionale di Bruxelles. Realizza la decorazione dello Stabilimento Terme Tamerici di Montecatini, nel momento del suo ampliamento per opera di Giulio Bernardini, con affreschi e vetrate, ceramiche, pavimenti e pannelli in maiolica della Manifattura. Disegna il manifesto e le illustrazioni per il libro L’amore dei tre re di Sem Benelli, considerato “il gioiello dell’illustrazione” di Galileo. Nel 1911 esegue i fregi per il Padiglione Toscano, progettato ed eseguito insieme a Ugo Giusti e per il Padiglione delle Feste della Mostra Etnografica all’Esposizione Internazionale di Roma, di cui realizza anche il manifesto. Alla fine di giugno si imbarca a Genova sul piroscafo diretto a Bangkok, su invito del Re del Siam Rama V, per affrescare l’Ananta Samakhom Throne Hall; quando si accinge a partire ha trentasette anni ed è nel novero dei più importanti artisti italiani.
1912-1919
A Bangkok, insieme ai decoratori Carlo Rigoli e Giovanni Sguanci, lo stuccatore Giuseppe Innocenti e il doratore Giovanni Barsi Galileo decora l’Ananta Samakhom Throne Hall. Riporterà dal suo soggiorno una serie di oggetti di cui farà dono al Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze. Nel 1912 ritorna brevemente in Italia per seguire le Fornaci (cui aveva tentato di far affidare la realizzazione delle vetrate del Palazzo Reale di Bangkok) e nel 1913 realizza La festa dell’ultimo giorno dell’anno cinese a Bangkok, considerato il capolavoro del periodo siamese. Ritorna definitivamente a Firenze tra la fine di agosto e i primi di settembre dello stesso anno. Nel 1914 partecipa alla II Secessione Romana, allestendo una sala ed esponendo Danzatrice Monn e realizza il ciclo di diciotto pannelli La Primavera che perennemente si rinnova, nella Sala dello scultore iugoslavo Ivan Meštrovič, in chiaro riferimento a una simbologia teosofica e panteistica, affine al significato del Ver Sacrum. In una sala personale espone inoltre un vasto gruppo di opere siamesi. Nel 1915 riceve l’incarico di supplente, al posto di De Carolis, presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, per la cattedra di Ornato. In città affresca il Palazzo dell’Economia, oggi Camera di Commercio. Nel 1917 pubblica con Nomellini e Filippo Cifariello il manifesto Rinnovandoci rinnoviamo, in cui propone l’abolizione delle Accademie per l’istituzione di scuole artistiche-industriali dove fondere architettura, decorazione, industria, pittura e scultura. Nel 1918 affresca il Palazzo Comunale di Montecatini, sotto la direzione dell’ingegnere Brizzi. Disegna le scene per il Gianni Schicchi, una parte del Trittico di Puccini, andato in scena al Metropolitan di New York.
1920-1924
Nel 1920 decora alla Biennale di Venezia il Salone già Meštrovič con pannelli orizzontali che ritraggono le Allegorie dell’arma, dell’esercito e dell’eroismo italiano (La glorificazione dell’Artigliere e dell’Ardito lanciafiamme; del Nocchiero; del Fante; del Lanciere) ed espone Il Calvario, Il voto ai dimenticati della terra e Il voto ai dimenticati del mare, oltre a due mosaici veneziani, su suoi disegni, di San Paolo e San Giuda. Tra il 1919 e il 1921 si datano le decorazioni della Villa Scalini a Carbonate, sul Lago di Como, con sintetiche geometrie in stile secessionista. Espone alla I Biennale romana con i dipinti Il mio cortile a Bangkok, Studio, Danzatrice Laos, La danzatrice di Sumatra, La mia veranda, Studio e La perla. Nel 1921 si appresta a organizzare il lavoro di decorazione delle Terme Berzieri, su progetto dell’architetto Ugo Giusti, che inaugureranno nel 1923, testimoniando il culmine di un estro creativo che racchiude in sé infinite suggestioni europee e orientali, trionfo del Déco. Al 1921 risalgono anche i disegni per le vetrate e le decorazioni in ceramica eseguite per il Palazzo della Municipalità della Concessione Italiana di Tientsin, dove illustra il viaggio di Marco Polo in Cina. Nel 1922 Galileo è nominato Accademico di Merito Corrispondente dalla Reale Accademia di Belle Arti di Brera ed espone alla Biennale di Venezia Episodio. Nel 1923 presenta la Spada d’onore di S. E. il Generale Conte Guglielmo Pecori-Giraldi, eseguita da Guido Calori, alla II Biennale Romana. Nel 1924 ha una sala personale alla Biennale di Venezia dove espone, insieme a ceramiche, vasi, anfore e piatti, Fecondazione e Nostalgia di Bangkok e realizza con Chino un’edicola in ceramica col Redentore. Invitato con Ugo Giusti e Alfredo Belluomini a dirigere la Commissione per il piano regolatore di Viareggio, tra il 1922 e il 1923 decora molti edifici con le ceramiche della Manifattura (il Gran Caffè Margherita, su progetto dell’architetto Alfredo Belluomini, il Grand Hotel Excelsior, ancora in collaborazione col Belluomini, il Principe di Piemonte e molti altri ancora). Nel 1924 esegue i bozzetti per la versione musicata da Umberto Giordano de La cena delle beffe di Sem Benelli e inizia a lavorare alle scene della Turandot di Puccini, di cui si conoscono quattro versioni. Le Fornaci San Lorenzo vincono la medaglia d’oro e il diploma d’onore alla Mostra Nazionale della Ceramica di Pesaro.
1925-1930
Nel 1925 decora il Grand Hotel des Thèrmes a Salsomaggiore, nell’ambito dei restauri ed ampliamenti a opera del Giusti, all’interno del salone moresco, della taverna rossa e della Sala delle Cariatidi, per poi dedicarsi al cinema centrale e al Tabarin Florida a Sanremo. Partecipa all’Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Parigi, sull’Esplanade des Invalides, decorando il Padiglione Italia, progettato da Armando Brasini, con un fregio in ceramica a lustri metallici e due pannelli. Nonostante il grande successo ottenuto, Galileo decide di abbandonare la direzione artistica delle Fornaci; subentrerà al suo posto Tito, figlio di Chino e poi il fratello Augusto. Nel 1926 Progetta per Ducrot la decorazione della cupola e degli ambienti della motonave Augustus e del piroscafo Ausonia (avevano già collaborato per l’allestimento del transatlantico Roma). Disegna la copertina della Turandot per l’edizione Ricordi e le scene del III e IV atto per Il vezzo di perle di Benelli. All’incirca dello stesso periodo sono le due decorazioni delle centrali idroelettriche di Marlengo (Merano) e Mori (Rovereto), entrambe commissionate dalla S.E.A.A. Società Elettrica Alto Adige del gruppo Montecatini, il cui direttore è, dal 1918 al 1935, Guido Donegani. Nel 1927 è incaricato dell’insegnamento di Decorazione pittorica al terzo anno della Reale Scuola di Architettura di Firenze. Conclude nel 1928 la decorazione a tempera dei soffitti, delle pareti, dei sottosuoli e delle scale della nuova sede sociale della Direzione Società Generale per l’Industria Montecatini a Milano. Nel 1929 espone in una personale alla Bottega d’Arte di Livorno e inizia la decorazione del Palazzo Vincenti di Corso Italia a Pisa, allora sede del Consiglio Provinciale dell’Economia e del Lavoro. Affresca l’atrio, il vestibolo cupolato al primo piano e disegna il balcone in ferro battuto della facciata del palazzo della Provincia di Livorno, demolito durante la seconda guerra mondiale. Nel 1930 espone alla Biennale di Venezia La Cena, La modella in riposo, Il cavolo, Scia di Monsone, Natura morta-Orata. Realizza i costumi per Fiorenza di Sem Benelli. I grandi cicli decorativi degli anni Venti terminano in qualche modo la sua intensa attività decorativa; egli tenderà invece ad appartarsi sempre più spesso nella casa a Lido di Camaiore, per dedicarsi interamente alla pittura.
1931-1938
Inaugura ad aprile 1931 la prima personale a Parigi alla Galleria Bernheim-Jeune. A maggio espone a Firenze nella Galleria d’Arte G. Cavalensi e G. Botti e di nuovo a Parigi, al Palais de la Mediterranée. Nel 1932 la mostra alla Galleria Pesaro di Milano gli varrà la lusinghiera recensione di Carrà. Tiene ancora altre personali a Livorno nella Bottega d’Arte e alla galleria Vitelli di Genova, insieme allo scultore Sirio Tofanari, alla Casa d’Arte di La Spezia e alla Galleria d’Arte G. Cavalensi e G. Botti di Firenze. Disegna tre progetti (mai eseguiti) per il concorso relativo alla decorazione della sala reale della Stazione di Firenze. Nel 1933 espone Case in Val di Mugnone e Lavanderia del Mugnone alla I mostra del Sindacato Nazionale Fascista di Belle Arti di Firenze, insieme a Carrà, Carena, Doni, de Chirico, Savinio, Martini, Capogrossi e Cavalli. Nel 1934 espone nuovamente alla Galleria G. Cavalensi e G. Botti di Firenze e alla Galleria Genova di Genova. Partecipa alla Biennale di Venezia con undici quadri di paesaggi toscani. Nel 1935 espone alla Galleria Il Cimento di Napoli, con Zambeletti e Tofanari e poi con Nomellini all’Hotel Croce di Malta, a Montecatini Terme. Si datano alla metà degli anni Trenta le decorazioni del caffè ristorante Doney a Firenze, del Grand Hotel ad Ardenza e della Chiesa del Sacro Cuore di Camaiore, demolita negli anni Cinquanta. Nel 1936 tiene una personale alla galleria Apollo di Roma e presenta alla Biennale di Venezia i dipinti I garofani rossi, Ora stanca, La fornace sull’Arno, Primavera e, fuori concorso, La pensierosa. Esegue le scene per la Cenerentola di Rossini, alla Scala di Milano. Risale a questa data il progetto di un “Teatro Studio” nella pineta di Viareggio, poi non realizzato. Nel 1937 è nominato Accademico nella classe di pittura della reale Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.
1938-1945
Nel 1938 riceve diverse onorificenze: è nominato Commendatore della Corona d’Italia e dell’Ordine dell’Elefante Bianco, nonché Cavaliere dell’Ordine di San Maurizio a Lazzaro. Espone ancora alla Galleria d’Arte Firenze di Firenze e in una collettiva alla Galleria Pesaro di Milano, per i trentacinque anni di attività. Risale a quest’anno l’imputazione per oltraggio e diffamazione (verrà poi assolto per mancanza di reati), per aver inviato una lettera di protesta al podestà di Firenze contro gli addobbi della Loggia della Signoria a Firenze, realizzati per la visita di Hitler. Nel 1939 partecipa alla III Quadriennale di Roma con Estate ed esegue per conto della Società Navale Italia un grande pannello per la stazione marittima di New York. Nel 1940 tiene delle mostre personali alla Società di Belle Arti di Firenze, alla Galleria Rotta di Genova e alla Gian Ferrari di Milano. Conclude la decorazione della Cappella Passeri al cimitero di Scandicci (oggi perduta). Nel 1942 decora il salone delle riunioni della Casa del Contadino a Bologna e organizza con Orsi, Pistelli e Arrighini la I Mostra d’Arte e di Storia a Lido di Camaiore, dove ha una sala personale. Partecipa inoltre all’Esposizione degli Artisti Toscani a Düsseldorf. Nel 1943 espone in mostre personali all’Albergo Universo di Lucca, alla Galleria d’Arte Trieste di Trieste, alla Galleria Permanente Alessandro Gazzo di Bergamo, alla galleria Vittoria di Brescia e alla Bottega dei Vàgeri a Viareggio. Si riferisce tristemente al dicembre 1943 il bombardamento delle Fornaci San Lorenzo, all’interno delle incursioni aeree ad opera degli alleati sulla stazione ferroviaria di Borgo San Lorenzo. Nel periodo dello ‘sfollamento’ si sposta con la famiglia a Striglianella tra Prato e Pistoia, dove dipinge diverse opere, che esporrà poi nella personale alla Galleria Il Cenacolo di Firenze nel 1944. Nel 1945 Galileo consegna un grande progetto al Comune di Viareggio, su invito del C.O.N.I. per l’incremento turistico nella zona; vi pianifica, la realizzazione di centri sportivi, ritrovi culturali, negozi e alberghi. A ottobre dona ufficialmente al Comune di Firenze tredici dipinti di varie zone della città distrutte in seguito al “brillamento di mine” da parte dei tedeschi.
1946-1956
Il 1946 segna la scomparsa prematura della figlia Isotta, di cui Galileo affresca la Cappella nel Cimitero dell’Antella. L’ultimo decennio della vita di Galileo è un lento abbandono delle speranze e della vitalità giovanile e un accostarsi dolente a temi oscuri e notturni. Nel 1947 espone alla Mostra dell’Arte Antica dell’Ottocento e Contemporanei Toscani, indetta dall’Associazione della Stampa Toscana a Palazzo Strozzi a Firenze. Nel 1949 scrive i Ricordi del Siam, che saranno pubblicati all’inizio del 1951. La sua produzione subisce un mutamento e diminuisce progressivamente; Galileo è colpito da un disturbo alla vista che lo porterà lentamente alla cecità totale. Espone nel 1951 all’Esposizione Internazionale d’Arte Sacra di Roma. Nel 1952 la Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Firenze gli dedica una retrospettiva e partecipa alla I Mostra Nazionale d’Arte a Trieste; Il triste cavaliere vincerà il Premio Città di Genova. È del 1954 l’ultimo quadro Follia macabra. Partecipa alla Mostra d’Arte Contemporanea al Palazzo delle Esposizioni a Roma, organizzata dalla Commissione Italiana per l’Appello Pro Infanzia (UNAC, poi Unicef). Nel 1955 espone in una personale al Palazzo Comunale di Pietrasanta e dona ufficialmente al Museo Fiorentino Universitario di Etnologia gran parte dei cimeli siamesi e orientali riportati da Bangkok (la donazione era avvenuta in realtà nel 1950, ma fino a questa data i reperti non avevano trovato giusta collocazione). Nel 1956 partecipa alla Mostra Internazionale di Arte Contemporanea Pro Infanzia a Bogotà, in Colombia e ad agosto il Palazzo Comunale di Pietrasanta gli dedica una retrospettiva. Si spegne a Firenze il 23 dello stesso mese, nel suo studio in via del Ghirlandaio.
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